Costone di Capo Meli
Zona B dell’Area Marina Protetta Plemmirio
Difficoltà
Basso per entrambi gli itinerari
Alto per il percorso speleo
Profondità Max.
18 metri (percorso verde)
25 metri (percorso rosso)
Visibilità
Ottima
Buona
Interesse
Medio
Alto per il percorso speleo
Descrizione
Questo sito di immersione ricade all’interno della Zona B della AMP, nei pressi del Capo che le dà il nome.
La cima del gavitello ci conduce su un pianoro calcareo, posto a 12 m di profondità, caratterizzato dalla presenza di numerose chiazze di prateria di posidonia. Percorrendo pochi metri in direzione del mare aperto si giunge ad una cigliata verticale che sprofonda fino a 20 m, su un fondale che alterna zone sabbiose a praterie di posidonia.
Qui, sul limitare del posidonieto, sono presenti tre grossi blocchi di pietra quadrangolari, serviti un tempo ad appesantire le reti della tonnara di Terrauzza. Il vicino sabbione, bianchissimo, offre l’incontro con numerosi esemplari di pesci pettine che si rifugiano prontamente sotto la sabbia quando disturbati.
Tornando in direzione del costone si apre di fronte a noi il grande ingresso semicircolare di una grotta. Sotto la volta dell’ingresso scorgiamo tra mille spugne numerosi rami di falso corallo, trine di mare, madrepore gialle. Seguendo il costone alla nostra destra troviamo quindi profonde fessure orizzontali che colorate da spugne offrono spesso riparo a cernie e scorfani. All’interno dei numerose anfratti non sarà difficile trovare crostacei o molluschi. Sempre nei pressi del costone, nascosti dalla posidonia, si trovano diversi esemplari di Pinna nobilis e tre grossi blocchi di pietra con un foro centrale – antiche ancore litiche – questi costituiscono il punto di ritorno, che percorreremo con il costone alla nostra sinistra. Qui, con un po’ di fortuna, è possibile avvistare tra le foglie di posidonia qualche esemplare di pesce ago.
Riducendo la profondità, vediamo un tettuccio di roccia, riparo di una cernia, e poi un ampio passaggio che conduce in un catino di roccia circondato da pareti verticali colorate da madrepore arancioni e da spugne. Qui è frequente l’avvistamento di scorfani, polpi, paguri e saraghi. Usciti da questo catino, seguiamo il costone che ci riporta al gavitello, e, prima di risalire, gironzoliamo sul pianoro in prossimità della caduta perché, in certi periodi dell’anno, è probabile l’incontro con centinaia di barracuda che tranquilli si lasciano avvicinare.
Per i subacquei abilitati all’immersione speleosubacquea è possibile l’esplorazione dell’interno della grotta. Oltrepassata la zona dell’ingresso, facendo attenzione a non sollevare il fango che ricopre il pavimento della cavità e proseguendo per qualche metro verso l’interno seguendo le cime fissate lungo le pareti, sarà possibile scorgere moltissime stalattiti pendere dalla volta, testimonianza evidente di un passato emerso della cavità. La volta assume qui una colorazione bianchissima, dovuta al passaggio di acqua dolce ancora oggi presente e che non permette l’insediamento di organismi marini incrostanti, lasciando visibile il calcare nudo. Il sagolamento fisso presente sulla parete destra conduce, dopo qualche decina di metri ad una piccola sala circolare cieca. Seguendo il lato sinistro si giunge invece all’ingresso di uno stretto e basso corridoio, segnalato con appositi segnali di pericolo, lungo all’incirca 7 metri. Questo conduce ad un secondo ambiente di dimensioni leggermente inferiori rispetto al precedente. Qui, addossato alla parete di fondo, vi è il cosiddetto “Altare”, una concrezione calcarea tabulare di grandi dimensioni sulla quale sono presenti numerose stalagmiti. Di queste, una risulta segata, in quanto è stata oggetto di campionamento da parte dei ricercatori dell’Università degli Studi di Catania. Alle spalle dell’Altare si apre un ulteriore ambiente lungo una decina di metri; questa rappresenta il fondo della grotta, che dista dall’ingresso all’incirca 70 m.
Proseguendo tenendo la parete alla nostra destra questa continua per un centinaio di metri come una lingua rocciosa che, su un fondo di 25-30 m, si innalza inizialmente fino a 12 m di profondità per poi declinare fino ad una ventina di metri. La lingua termina in una piccola grotta e a breve distanza dall’ingresso è presente un masso situato a circa 30 m di profondità. Doppiata la punta e superata una vasta area caratterizzata dall’alternanza di sabbia e posidonia, nella quale sono presenti numerosi antichi ceppi d’ancora in piombo, si giunge al costoncino nella quale si apre la Grotta delle Mazzere presso il sito di immersione noto come “Mazzere del Plemmirio”.